Storia di Natale: la lucciola che adorava Gesù bambino

 

Sapete perchè la lucciola si chiama in questo modo? Secondo una antica credenza, sarebbe stato Gesù Bambino in persona ad attribuirle il nome, proprio perchè uno di questi insetti giunse nella grotta di Betlemme per adorarlo quando nacque, merirandosi la sua stima. Oggi è un essere vivente colorato e luminoso e tale regalo lo ha ricevuto per la sua bontà e devozione come racconta l’omonima storia:

Un Lieto Natale, da Piccole Donne di Louisa May Alcott: prima parte

 

E’ una parte della storia più bella per famiglie che probabilmente sia stata scritta. Racconta di quattro sorelle Meg, Jo, Beth ed Amy che vivono con la madre in attesa che il padre torni dalla guerra. Tra povertà e buoni sentimenti, l’amore trionferà sempre. Abbiamo trovato su internet un lungo racconto del libro dedicato al Natale ed è così tenero che abbiamo voluto riproporvelo.

Racconto di Natale di Dino Buzzati

Tetro e ogivale è l’antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d’inverno. E l’adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c’è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale – ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, i1 carcerato la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l’arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L’arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella  Dio dilaga nel tempio, per l’arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che sera di Natale le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.

Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l’inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. “Chi bussa alle porte del Duomo” si chiese don Valentino “la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?” Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.