Racconto Natale, La vecchia Phoebe: prima parte

Ecco uno dei nostri racconti di Natale preferiti e Buon Natale a tutti :Holden Caulfield viene espulso dal « college » per il suo scarso rendimento scolastico. Il giovane ritorna a New York ma non ha il coraggio di presentarsi a casa, vaga per la città una notte e un giorno, e poi, preso dal desideri di rivedere la sorellina e di ritrovare un aggancio con lafamiglia (è anche a corto di quattrini), la sera entra di nascosto in casa e siferma a parlare con Phoebe (pron. febe), in camera sua.Le pagine che seguono sono la storia del colloquio fra i due fratelli. Phoebe, una bambina di dieci anni, ha l’aria di essere perfettamente in grado di controllare la situazione, Holden invece è a tratti confuso e anche commosso. Il linguaggio con cui i due fratelli comunicano, carico di allusioni e di iperboli «inciampando in dieci milioni di secchi dell’immondizia»), è comune a tutta una generazione di giovani americani e accentua, in questa situazione, l’intesa particolare di due ragazzi, opponendoli al mondo degli adulti. 

Avreste dovuto vederla. Stava seduta proprio in mezzo al letto, fuori delle coperte, con le gambe incrociate come una buddista . Stava sentendo la musica. E fantastica, Phoebe.
Vieni, – le dissi. -Ti va di ballare?  Era ancora piccolissima quando le avevo insegnato a ballare; e via discorrendo. Era un’ottima ballerina. Voglio dire, io le avevo insegnato solo qualche cosa. 
Lei aveva imparato quasi tutto da sola. Insegnare a ballare sul serio a qualcuno èimpdssibile.
Tu hai le scarpe, – disse lei.
Me le tolgo. Vieni.
Saltò letteralmente giù dal letto, aspettò che mi togliessi le scarpe e poi ballammo per un po’. 
E proprio brava, accidenti. Non mi piace la gente che balla coi bambini, perché il più delle volte è uno spettacolo tremendo.
Voglio dire, se sei a un ristorante e vedi qualche vecchio che porta la sua bambina sulla pista. 
Di solito la ragazzina balla di peste ed è uno spettacolo tremendo, ma io con Phoebe non ballo mai in pubblico né niente. Lo facciamo solo a casa, per scherzo. E con lei è diverso, ad ogni
modo, perché sa ballare. Ti segue in tutto quello che fai. Se la tieni ben stretta, voglio dire, perché così non conta se hai le gambe più lunghe deÌle sue. Lei ti viene dietro. 
Puoi fare i passi incrociati, o certi tuffi da bullo, perfino un po’ di jitterbug , e lei ti viene dietro benissimo. Puoi  fare persino il tango, Dio santissimo!
Facemmo quattro balli o giù di li. Tra un ballo e l’altro lei è buffissima.
Resta ferma in posizione. Non vuole nemmeno parlare, niente.
Bisogna restare tutt’e due in posizione e aspettare che l’orchestra riattacchi. Efantastica, proprio. Non devi nemmeno ridere, niente!
Ad ogni modo, facemmo quei quattro balli e poi spensi la radio. La vecchia Phoebe tornò a saltare sul letto e s’infilò sotto le coperte. -Sto migliorando, vero? – mi domandò.
Eccome! -dissi io. Mi sedetti un’altra volta sul letto vicino a lei.
Avevo un po’ d’affanno. Fumavo come uh turco  e quasi non avevo più fiato. 
Lei non aveva nemmeno un po’ d’affanno.
Sentimi la fronte, – mi disse tutt’a un tratto.
Perché?
 Sentimela. Una volta sola, su.
Gliela toccai. Però non sentii proprio niente.
Scotta molto? – disse.
No. Dovrebbe scottare?
SÌ; la faccio scottare io. Sentimela ancora.
La toccai ancora, ma anche stavolta non sentii niente, però le dissi: – Mi pare che cominci, adesso Non volevo proprio che le venisse un maledetto complesso d’inferiorità.
Lei fece di sÌ con la testa. – Posso farla andare molto pii! su del termonetro .
Termometro. Chi te l’ha detto?
E stata Alice Holmborg a farmi vedere come si fa. Si incrociano le gambe e si trattiene il respiro e si pensa a una cosa molto calda, proprio caldissima. Un termosifone o una cosa così. 
Allora la fronte ti diventa così bollente che puoi scottare la mano di una persona.
Mi lasciò secco. Tirai via la mano dalla sua fronte come se stessi correndo un pericolo mortale.  Grazie d’avermelo detto, – esclamai.
Oh, la tua non l’avrei scottata. Avrei smesso prima che diventasse troppo… Sttt! – Poi, con una sveltezza incredibile, balzò a sedere sul letto.
Quando fece così mi spaventò a morte. – Che ti piglia? – dissi.
La porta di casa! – disse in un concitato bisbiglio. -Sono loro!
Balzai su di scatto e corsi a spengere la luce sulla scrivania. Poi schiacciai la sigaretta contro la suola e  me la misi in tasca. Poi sventolai l’aria come un forsennato per disperdere il fumo – non avrei dovuto fumare, Dio santissimo! Poi afferrai le scarpe, mi infilai nel ripostiglio e chiusi la porta.
Ragazzi, il cuore mi batteva come un tamburo.
Sentii mia madre che entrava’ nella camera.
Phoebe? – disse. – Smettiamola, adesso. Ho visto la luce, signorina.

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