Il simbolo natalizio del presepe, in Sicilia, ha da sempre una identità molto forte, tanto che non è raro vederne esportate idee e modelli anche fuori dai confini nazionali. All’inizio veniva ricreato quasi esclusivamente all’interno delle chiese, ma presto cominciò a essere realizzato pure nelle case, in un angolo della stanza o all’entrata dell’abitazione per rendere la festa non soltanto più sentita, ma ancora più caratteristica soprattutto dal punto di vista religioso. Si tratta di un impianto scenografico piuttosto semplice al cui centro si trova la grotta con il bambinello e dove viene ripresa la vita dei pastori, dei Re Magi e, chiaramente, della nascita del Bambino Gesù.
Presente sempre la tradizionale stella cometa che, del resto nessuna teoria scientifica è al momento in grado di contestare. Per molti in Sicilia, preparare il presepe è una vera e propria arte che richiede diverse settimane e che va mostrata con entusiasmo ad amici e conoscenti. Interessante pure la bravura degli antichi figurinai, cioè gli antichi artigiani siciliani che realizzavano le statuine per il presepe. Un impulso decisivo a tale forma artistico-religiosa, la diedero i Gesuiti e la pregevole fattura di tale elemento è molto legato al Gagini, con il gruppo della Natività composto per la chiesa parrocchiale di Pollina, nel 1526. Nei primi anni dell’Ottocento, il presepe, fuoriesce dagli ambienti ecclesiastici e si avvicina alle case.
Molti autori di figure da presepe sono oggi ignoti, perchè tali lavori non erano considerati di alta rilevanza e, piano piano, cominciarono ad essere ricreati pastorelli in base allo scorrere cronologico della storia. In tal modo, quindi, esistevano due diversi tipi di Re Magi. Quelli sui cammelli, o cavalli in cammino e quelli da sistemare davanti alla mangiatoia in adorazione nel giorno dell’Epifania. Esisteva, a tal proposito, una ampia disponibilità di calchi che i ceramisti si tramandavano di generazione in generazione e, ancora, il Bambino Gesù “Gesuzzu”, in genere era e lo è ancora adesso, sdraiato con le braccia aperte, in un simbolico abbraccio con tutta l’umanità che è venuto a salvare.