Ricordo ancora, quando ero piccola, con quanta passione mio padre e i miei parenti preparavano il presepe. Potevi anche non credere o amare di più altri simboli natalizi, ma a ben guardare il loro fervore difficilmente potevi resistere. Era quasi una sorta di gara e se qualcuno acquistava pastorelli più grandi o finemente abbigliati, gli altri costruivano casette e alberi con il sughero e mettevano su un impianto per creare addirittura il giorno e la notte. I più bravi, ancora, creavano dei laghetti e facevano scorrere realmente l’acqua. Oggi tutto ha tratti meno definiti: certo conosco molta gente che non rinuncia al presepe, ma quanti sono quelli che realmente continuano a prepararlo dando l’anima, già a cominciare da qualche mese prima. Credete davvero che si tratti solo di una quantità di tempo diminuita?
Io penso che tutte le tradizioni siano destinate, velocemente a scomparire, continuando così, ma adesso è il presepe a farla da padrone. Quasi come con le mode passeggere, al presepe si dedica sempre meno tempo e meno spazio e, a volte, qualcuno non lo mette per niente. In realtà molto dipende dal fatto che l’albero di Natale è un simbolo più pagano, adatto anche a chi non è estremamente religioso. Il presepe, invece, è quasi una reale presa di posizione e, quando si può basta sistemare in qualche angolo Maria, Giuseppe, il Bambino Gesù, il bue, l’asinello e i Re Magi e il gioco è fatto.
Un tempo, invece, tutto era molto più intenso e curato e, nel mio caso, i nostri genitori ci facevano trovare piccole quantità di denaro o doni proprio al lato di questa riproduzione che ci privava della scrivania da lavoro, che faceva da supporto, per tutto il periodo. Ci si divertiva, però, e si creava a mano qualcosa di unico e irripetibile, che anche per questo si amava molto.