La domanda, in verità sorge spontanea. Si perché sin da bambina ho avuto dei dubbi. Quando si è piccoli, ti mostrano giustamente l’aspetto profondo e spirituale di un evento. In giro però sei già in grado di vedere che tutti si occupano di altro e allora sorge in te un pò di confusione. Lo stesso avveniva una trentina di anni fa, durante la mia prima infanzia. La mamma e tutti i miei familiari in generale, mi mostravano immagini di Gesù appena nato, mi dicevano di pregarlo e di ricordarlo perché era da poco venuto alla luce e il 25 dicembre rievocava l’evento. A scuola, poi, ci facevano studiare poesie a tema e non di rado veniva organizzata qualche simpatica recita, ancora più bella se svolgevo uno dei ruoli protagonisti.
I più grandi però avevano un comportamento bizzarro. Se c’era chi proprio non credeva a Gesù Bambino, peggio ancora gli altri si preoccupavano di pranzi, regali e acquisti vari. Nella mia famiglia si preparava il presepe con tanto amore, per rievocare la scena della Natività, ma nelle altre case trovavo quasi esclusivamente l’albero di Natale: che cosa voleva dire? Chi sbagliava?
Oggi poi la differenza è ancora più netta, perché certe tradizioni continuano a perdersi. Mi chiedo i bambini di oggi, per quanto più smaliziati forse di noi, come possano avere una idea chiara di tutto ciò che vuol dire allegria improvvisa, musiche per strada, abbuffate continue e case addobbate. Per non parlare di tutte le altre tradizioni collaterali. Un senso di isteria collettiva che forse a livello inconscio non trova molta spiegazione, anche se i più grandi parlano di un evento che si ripete e che ha carattere religioso. Nel tempo, ovviamente, mi sono fatta una idea personale: il Natale è un momento di rinnovamento, in cui ognuno dei guardarsi dentro e rinascere con nuovi propositi che poi cercherà di mantenere. Questo sempre ricordando la nascita del Bambinello che avrebbe fatto grandi cose nella sua breve vita.