Ricordo bene il Natale in Sicilia, in particolare tra Palermo e la provincia di Trapani dove sono nata e cresciuta. Se durante l’anno nella Trinacria si deve lottare con la bilancia perennemente perché le delizie sono troppe e tutte da gustare, ovviamente a Natale le cose vanno anche peggio. In quell’occasione non sono tanto i primi, i secondi e i contorni ad attentare ad una linea perfetta, quanto i dolci che ogni invitato si sente in dovere di portare. Allo stesso modo, i commensali vogliono consumare tutto sia per non offendere chi gentilmente ha trascorso decine di minuti in fila alle casse della pasticceria che per eliminare il più presto possibile una meravigliosa tentazione.
Io ricordo che da noi non mancavano mai i dolci peculiari della regione: i cannoli e la cassata. Se i primi erano la delizia, soprattutto dei bambini, i secondi deliziavano gli adulti ma non solo ovviamente. Per quanto riguarda i primi si cominciava dalla ricotta portata via dall’involucro con il cucchiaino, anche se noi bambini provavamo anche a leccarci le dita, prima di essere rimproverati dai genitori. Qualche anno dopo la grande scoperta della cassata che in passato non avevo mai voluto assaggiare.
In effetti i canditi non li consumo ancora adesso, ma quella bomba calorica è veramente squisita. Ne scelgo piccole fettine, ma non rinuncio mai a godere di quel momento di estasi di sapori. In realtà, nel palermitano ogni giorno in questo senso, sarebbe il momento di festeggiare il Natale, visto che le pasticcerie traboccano di questi dolci tipici, ma è soprattutto quando si avvicina il 25 dicembre che si moltiplica la voglia di acquistarli. Tra un pasto e l’altro una fettina ci sta tutta, tanto c’è tempo poi per pentirsene quando a gennaio ci si vede con almeno due chili in più e si finge di promettere che l’anno successivo sarà diverso.