Il pupazzo di neve, è una storia molto lunga ma divertente di Andersen. Per comodità, l’abbiamo quindi divisa in più parti che vi riportiamo:
Se qualcuno apriva lo sportello, ne usciva una fiammella: era una sua abitudine: e una di quelle fiamme sembrò penetrare proprio il petto del pupazzo di neve. “Non resisto”, diceva lui. “Com’è carina, quando mette fuori la lingua”. Quella notte fu lunghissima, ma non per il pupazzo: egli era assorto nei suoi pensieri, che congelandosi scricchiolavano. All’alba i vetri alle finestre erano coperti coi più splendidi fiori di ghiaccio che un pupazzo di neve potesse desiderare: ma essi gli nascondevano la vista della stufa! Non l’avrebbe potuta vedere,
… avrebbe potuta vedere, finché il ghiaccio alla finestra non si fosse sciolto. Tutt’intorno si sentiva crepitare e scricchiolare: che freddo rigido! Il tempo migliore per un pupazzo di neve: eppure lui non era contento. Gli mancava la stufa. “Che brutta malattia per un pupazzo!”, diceva il cane alla catena. “L‘ho avuta anch’io: ma ormai l’ho superata. Bah! Tra un po’ cambierà il tempo!” E infatti in breve arrivò un vento tiepido, che iniziò a sciogliere la neve. Più il vento soffiava, più il pupazzo diventava piccolo. Lui non disse niente, non si lamentò nemmeno, e questo era proprio il segno della fine. Poco tempo dopo crollò. Al suo posto restò qualcosa che sembrava un manico di scopa dritto nell’aria: i ragazzi lo avevano piantato affinché si reggesse meglio in piedi. “Adesso capisco cos’era la sua nostalgia!”, disse il cane alla catena; “quel pupazzo aveva in corpo uno spazzolone per stufe! Ecco cos’era che lo turbava tanto! Bah! Ma ora è tutto finito”.Anche l’inverno ormai era agli sgoccioli. “Bah!”, diceva il cane, ma intanto le bambine nel giardino cantavano: “Bel mughetto, da bravo, esci fuori, vedi che al salice spuntan già i fiori? Se non è marzo, qui è già primavera, Senti gli uccelli cantare alla sera! E insieme a loro io canto: Cucù, Fratello Sole, vien fuori anche tu!” E al pupazzo di neve, chi ci pensava più?