La nascita di Gesù Bambino in fondo è una metafora. Rappresenta non solo un fatto storico che convenzionalmente cade proprio in questa data, ma un senso di rinascita spirituale che dovrebbe interessare tutti noi. Tuttavia è interessante chiedersi, come vivono l’evento i bambini. Io posso partire dalla mia esperienza che, d’accordo, è piuttosto lontana ma non credo che sia stata troppo diversa. Questo almeno al 99 per cento, perché ho l’impressione che oggi molti ragazzi siano più smaliziati e non vivano in quel mondo fatato e meraviglioso che mi avevano mostrato ai tempi i miei genitori e dove mi piaceva rinchiudermi, quando la realtà era troppo pressante.
Sentivo una grande emozione quando il 25 dicembre stava arrivando perché provavo davvero quel misto di suggestioni che interessano l’arrivo di un fratellino o cuginetto. Gesù Bambino, non era un estraneo per me. Ne avevo sentito parlare ovunque, in casa, a scuola e in chiesa ed era quasi a portata di sguardo, quel piccolino da proteggere. L’unico dettaglio che davvero mi sfugge è legato, invece, a Babbo Natale. Non so se ci credevo davvero, quello che realmente mi importava erano i regali, ma una immagine sbiadita mi dice che era il neonato divino a portarlo.
Ero la prima e sola nipotina e le attenzioni erano tutte su di me e così, Gesù Bambino a Natale era molto generoso e trovavo più di un pacchetto. Non proprio sotto l’albero ma vicino e in più non capisco perché venivano sistemati nell’ultima stanza di casa, buia e poco frequentata e io avevo terrore a raggiungerla. Quando però stringevo il mio scatolo ero felice. Del resto, più grande era e più mi sentito realizzata e aspettavo con gioia che tornasse, ancora una volta, la festa per poter rinnovare i miei giochi di bambina. Oggi poco è cambiato in questo senso: adoro i regali di Natale.